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Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus
Italo Alberto Cappelli
Non sono morto quel giorno ( il 22 dicembre 2010) che un artigiano frettoloso, col suo furgone mi ha falciato sulle strisce pedonali. Ho lottato per risvegliarmi dal coma seguendo il richiamo di coloro che mi amavano.
Ho resistito con tutte le forze al dolore di ritrovarmi completamente immobile, martoriato nel corpo, trapassato da mille dispositivi per tenermi in vita, e muto.
Ho guardato il mondo che si muoveva attorno al mio letto d'ospedale, ho visto il dolore negli occhi di mia moglie e dei miei figli mentre mi sorridevano ed ho capito.
Ho tentato di muovere una mano per accarezzarli, e di dir loro una parola per consolarli, io che ho vissuto per proteggerli ed amarli, ma non ho potuto.
Allora ho pianto.
Due anni ci son voluti per comprendere che ogni cura ed ogni sforzo sarebbero stati vani. Due anni per capire e soffrire.
E allora lentamente le cose attorno a me sono andate perdendo colore, le voci sempre più lontane, il tocco di chi mi accudiva sempre più lieve.
Mi hanno chiamato a lungo ma non ho più risposto, nel mio sonno senza sogni, per molti mesi mi sono acquietato.
Finchè è giunto il giorno del dolore per il distacco ma anche della pace e della giusta ricompensa per chi come me ha pagato con il martirio la scelleratezza di questo tempo impazzito.
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